La luce solare si compone di sette colori: viola, indaco, azzurro, verde, giallo, arancione e rosso. Una percentuale che varia dal 3 al 30% di essa viene riflessa dalla superficie del mare. Quando poi il raggio luminoso entra nell’acqua si verifica il fenomeno della rifrazione. Il colore rosso viene assorbito dall’acqua ad una profondità che varia tra i 10 e i 15 metri. Tra i 30 e i 50 metri viene assorbito il giallo, tra i 100 e i 200 metri il verde, e oltre i 200 metri il viola e l’indaco.

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Osserviamo il grafico di penetrazione della luce solare in acqua marina, a seconda della lunghezza d’onda, l’asse orizzontale è la lunghezza d’onda luminosa, espressa in nanometri e l’asse verticale, è la profondità espressa in metri. Da questo grafico è chiaro che lunghezze d’onda comprese tra circa 370 e 500nm, raggiungono profondità maggiori. In altre parole il viola e il blu, sono le parti dello spettro che penetrano meglio in acqua di mare, mentre nell’ordine, la luce verde, la luce giallo-arancio e la luce rossa, penetrano sempre meno in profondità.
Da queste osservazioni si può meglio comprendere perchè , molto spesso, artificiali di colore fucsia danno risultati straordinari allontanandosi così tanto da quell”aspetto “naturale” che noi abbiamo sempre ricercato nella scelta dei nostri artificiali.
Niente di male ad essere sempre stati convinti   che  maggiormnete ci saremmo avvicinati alla realtà , tanto più avremmo catturato , questo perchè il pesce sraebbe caduto più facilmente nell’inganno.
In realtà dobbiamo considerare che la vista dei pesci  percepiscono addirittura un mondo “più colorato” del nostro!!
A differenza dell’occhio umano, che ha recettori soltanto per il rosso, il verde e il blu, molti pesci hanno la capacità di distinguere dodici differenti colori, riuscendo a percepire anche l’ultravioletto, capacità che a noi manca.
Viceversa, per molti mammiferi marini come balene e delfini, il mare non ha invece le sfumature che vediamo noi: non hanno infatti il pigmento necessario per distinguere il colore blu.

Riprendiamo il discorso dopo un po’ di tempo e nuove approfondite ricerche sull’argomento :

L’errore principale che siamo indotti a commettere è sicuramente quello di ragionare paragonando i nostri sensi a quelli dei pesci, niente di più sbagliato ! pensiamo ad es. all’udito dei cani che accorrono a noi quando  soffiamo in un fischietto a ultrasuoni di cui non udiamo che il rumore sordo dell’aria che ne esce .
Il nostro occhio (come anche l’orecchio) ha dei limiti per cui possiamo percepire solamente un campo molto limitato dello spettro elettromagnetico compreso tra i 400 e i 700 nanometri (nm) detto “campo del visibile”. Questa non è una regola fissa ma un’indicazione di massima: particolari soggetti possono avere un campo un po’ più ampio o leggermente spostato rispetto ai valori sopraindicati arrivando ad esempio a percepire lunghezze d’onda di 300 nm. Il campo del visibile include tutti i colori percepibili dall’occhio umano compresi tra il rosso (lunghezza d’onda più ampia percepibile dall’occhio) e il violetto (lunghezza d’onda minima e quindi massima frequenza percepibile dall’occhio). La massima sensibilità oculare si ha in coincidenza del verde (555 nanometri)
Come già detto esistono comunque lunghezze d’onda ben superiori o inferiori a quelle del campo visibile. Lunghezze d’onda maggiore, posizionate oltre la zona rossa dello spettro visibile, corrispondono alla “radiazione infrarossa” (da 700 nanometri a 0,4 mm), alle “microonde” (da 0,4 mm a 100 cm) e alle “onde radio” suddivise in onde corte (da 1 a 100 metri), onde medie (da 100 a 600 metri) e onde lunghe (oltre 600 metri). Tutte queste radiazioni sono caratterizzate da bassa frequenza e quindi da un trasporto inferiore di energia rispetto al campo del visibile.
Lunghezze d’onda inferiori, posizionate oltre la zona violetta dello spettro visibile, corrispondono invece alla “radiazione ultravioletta” (fino a un minimo di 0,35 µm), ai “raggi X” (sino a  0,006 µm) e ai “raggi gamma e cosmici” che chiudono la parte inferiore dello spettro. Queste radiazioni sono caratterizzate da elevata frequenza e quindi maggiore energia.
Consideriamo ora che gli occhi dei pesci sono posti ai lati del capo e funzionano in maniera indipendente,  da ciò risulta che ciascun occhio ha un campo di visione separato, ad eccezione di un piccola area posta davanti al muso del pesce. I loro occhi vedono anche con contrazioni minime dell’iride, la parte colorata dell’occhio che si contrae e si dilata a secondo dell’intensità luminosa. Sono in grado di guardare contemporaneamente in direzioni diverse visto che ciò che vede ogni occhio è registrato dal lato opposto del cervello. Solo esattamente davanti al capo esiste un piccolo settore dove i due occhi vedono simultaneamente, consentendo all’animale una valutazione della prospettiva.  I pesci sono in grado di distinguere pattern di colorazioni differenti e forme diverse.
Il problema della visione subacquea è legato sostanzialmente alla bassa intensità della radiazione luminosa, causa la torbidità dell’acqua o la bassa incidenza dei raggi solari, e che diminuisce all’aumentare della profondità. In relazione a queste due caratteristiche ambientali, i pesci hanno evoluto fotorecettori particolarmente sensibili e capaci di catturare fotoni a basse intensità luminose. Inoltre i pigmenti visivi predominanti nelle cellule fotorecettrici dell’occhio, variano da specie a specie, in relazione con l’habitat in cui queste vivono.

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In generale esiste, infatti, una corrispondenza tra distribuzione spettrale della luce ambientale e la capacità di assorbimento luminoso dei pigmenti presenti nell’occhio. I pesci che conducono vita pelagica in acque oceaniche e che vivono in profondità, hanno pigmenti visivi (rodopsina) con il massimo di assorbimento in un intervallo dello spettro luminoso tra 450-550 nm, che corrisponde al verde e al blu.

VEDERE SOTT’ACQUA

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La visione consente ai pesci di ottenere informazioni da oggetti posti nelle vicinanze mentre la sua efficacia diminuisce all’aumentare della distanza. In acque molto trasparenti, la capacità visiva di un pesce non supera i 40 m. La vista è sicuramente uno dei sensi più importanti in ambienti costieri, come dimostra la diffusione di colorazioni appariscenti in molte specie di teleostei, spesso legate al loro comportamento sociale e riproduttivo.
I loro occhi vedono anche con contrazioni minime dell’iride, la parte colorata dell’occhio che si contrae e si dilata a secondo dell’intensità luminosa. Il problema della visione subacquea è legato sostanzialmente alla bassa intensità della radiazione luminosa, causa la torbidità dell’acqua o la bassa incidenza dei raggi solari, e che diminuisce all’aumentare della profondità. In relazione a queste due caratteristiche ambientali, i pesci hanno evoluto fotorecettori particolarmente sensibili e capaci di catturare fotoni a basse intensità luminose. Inoltre i pigmenti visivi predominanti nelle cellule fotorecettrici dell’occhio, variano da specie a specie, in relazione con l’habitat in cui queste vivono. In generale esiste, infatti, una corrispondenza tra distribuzione spettrale della luce ambientale e la capacità di assorbimento luminoso dei pigmenti presenti nell’occhio. I pesci che conducono vita pelagica in acque oceaniche e che vivono in profondità, hanno pigmenti visivi (rodopsina) con il massimo di assorbimento in un intervallo dello spettro luminoso tra 450-550 nm, che corrisponde al verde e al blu.
I pesci che vivono in acque superficiali costiere, tendono ad avere fotorecettori il cui massimo di assorbimento varia da 450 nm (blu) a 650 nm (arancione-rosso). I pesci che effettuano migrazioni verticali ( pensate ad es. al tonno o al pesce spada  ma anche a dentice e ricciola) e che quindi si spostano tra ambienti con caratteristiche luminose differenti, hanno un complesso di pigmenti per poter vedere in condizioni luminose differenti. In altre specie è stato però evidenziato che questa corrispondenza tra pigmenti visivi e luce ambientale, non si verifica, anzi, la capacità massima di assorbimento della luce nell’occhio avviene ad una lunghezza d’onda più o meno distante da quella predominante nell’ambiente. Questo fenomeno è stato spiegato con la necessità, da parte di queste specie, di poter accentuare il contrasto visivo degli oggetti rispetto allo spazio circostante. In questa situazione infatti aumenta la capacità di distinguere oggetti che hanno un’elevata capacità di assorbimento luminoso.

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Nei predatori, gli occhi sono disposti in modo da dare la visione binoculare, in questo modo gli permettono di valutare alla perfezione la distanza dalla preda. Nelle profondità la luce è filtrata dall’acqua cosi i pesci che vivono prevalentemente  in alti fondali si affidano più all’olfatto e al gusto che alla vista. Gli occhi di questi pesci sono relativamente piccoli  e situati sulla dorsalmente sulla testa in modo che possano vedere i pericoli che arrivano dall’alto. Altri pesci che vivono nelle grotte, hanno occhi molto ridotti o non li hanno del tutto però riescono a muoversi agevolmente perché possiedono una  linea laterale molto sviluppata.
Nei pesci non predatori gli occhi sono di solito in posizione laterale sulla testa, e ciò garantisce un campo visivo di quasi 360° sia di lato che sopra e sotto, con una visione grandangolare in grado di individuare i pericoli provenienti da tutte le parti.
Nei pesci predatori gli occhi sono spesso l’uno accanto all’altro come nell’uomo, cosi che entrambi gli occhi mettono a fuoco lo stesso oggetto e ciò aumenta di molto il senso della distanza e la definizione con cui viene vista la preda.
Questo fenomeno è stato spiegato con la necessità, da parte di queste specie, di poter accentuare il contrasto visivo degli oggetti rispetto allo spazio circostante. In questa situazione infatti aumenta la capacità di distinguere oggetti che hanno un’elevata capacità di assorbimento luminoso.
 
La visione in un mezzo denso come l’acqua ha imposto ai pesci alcune forme di adattamento. I loro occhi non sono provvisti di palpebre perché l’acqua li mantiene costantemente puliti. Per far fronte alla carenza di luce, l’iride è quasi fissa e bastano minime contrazioni per regolare la visione.
Dato che nel mondo subacqueo la visibilità non va generalmente oltre i 30 metri, gli occhi dei pesci, dotati di un cristallino sferico e rigido, sono idonei a vedere solo a distanze ravvicinate. Quando questi animali si trovano nella necessità di mettere a fuoco forme lontane, è l’intero cristallino ad arretrare mediante una struttura speciale dell’occhio. Gli occhi dei pesci sono posti ai lati del capo e funzionano in maniera indipendente: ciò che vede ciascun occhio è registrato dal lato opposto del cervello in modo tale che questi animali sono in grado di guardare contemporaneamente in direzioni diverse. Solo esattamente davanti al capo esiste un piccolo settore dove i due occhi vedono simultaneamente, consentendo all’animale una valutazione della prospettiva.
I pesci dispongono di un vantaggio negato agli animali terrestri : essi sono in grado di vedere contemporaneamente in direzioni diverse.
Non v’è certezza se possano o meno distinguere i colori, ma si propende a credere che sicuramente riescano a fare un distinguo fra le diverse sfumature di colore, con un risultato equiparabile alla nostra visione a colori; per spiegarmi meglio : anche se dovessero vedere in bianco e nero essi sono in grado di valutare le diverse “scale di grigio” assimilandole ognuna ad un colore come lo intendiamo noi.
Ad ogni colore o relativa sfumatura di grigio essi associano un pericolo , una preda o un individuo della stessa specie ecc ecc.
L’occhio contiene due tipi di fotorecettori: i coni ed i bastoncelli. I coni operano in condizioni di piena luce, si suddividono a loro volta in tre tipi diversi ed è grazie a questo fatto che rendono possibile la visione a colori. . La visione di luce diurna prende il nome di “visione fotopica”. I coni sono addensati nella regione centrale della retina, che si chiama fovea. I bastoncelli giocano invece un ruolo dominante nella visione crepuscolare e notturna, cioè quando le condizioni di illuminazione sono scarse, questi ultimi consentono la visione in luce debole, detta “visione scotopica”, ma sono tanto sensibili da sopra saturarsi alla normale luce diurna, diventando incapaci di trasmettere segnali. I coni consentono la visione alla luce del giorno, in quanto operano efficacemente a elevate intensità luminose,fornendo una visione più ricca di dettagli temporali e spaziali e permettendo altresì di percepire i colori, come già detto sopra. Coni e bastoncelli contengono organi per la trasduzione e la trasmissione dei segnali. Ad un’estremità (più lontana dal cristallino) si trova il cosiddetto segmento esterno che assorbe la radiazione luminosa e genera segnali elettrici. Il segmento esterno di un bastoncello è cilindrico, mentre quello di un cono è appuntito (da ciò derivano i nomi delle due cellule). La capacità di rilevamento dei fotoni da parte dei bastoncelli è notevole, ma non perfetta.

Colore = sensazione visiva data dagli stimoli che la luce riflessa dei corpi offre agli occhi. L’occhio umano percepisce i colori compresi fra il rosso (limite basso della gamma) ed il viola (limite alto): al di sotto della gamma abbiamo gli infrarossi ed al di sopra gli ultravioletti, quest’ultimi a noi non sono visibili. La luce in Fisica è considerata nella sua componente ondulatoria (come onda elettromagnetica). I due limiti (rosso e viola) corrispondono quindi alle lunghezze d’onda limite del visibile.

Motivi di attacco ed organi sensori dei pesci

I pesci  sono ipermetropi (vedono meglio da lontano che da vicino) ed il loro campo visivo arriva fino ad una decina di metri. Si aggiunga che la posizione laterale degli occhi gli impediscono una visione corretta e precisa. Infatti i pesci hanno due tipi di visioni: una monoculare ed un’altra binoculare. La visione binoculare orizzontale è certamente più nitida ma ha un cono molto ristretto, non più di trenta gradi, e nei primi centimetri davanti al muso non vedono affatto per la posizione laterale degli occhi (disegno n1).
Per vedere un oggetto negli ultimi centimetri di avvicinamento devono girarsi ed inquadrarlo con un solo occhio. Questa visione che è la monoculare ha un ampio angolo,fino a 150 gradi , ma essendo data da un solo occhio è poco nitida. La migliore visione i pesci ce l’hanno se un’esca gli passa sopra. La visione verticale è binoculare, più nitida, e di ampio angolo fino a 100 gradi a forma di cono rovesciato
Per quanto riguarda la percezione dei colori l’argomento è molto ampio ma cercherò di semplificarlo al massimo. Non tutti i pesci percepiscono i colori, alcuni ne vedono una parte e tra quelli che invece li vedono completamente sicuramente non hanno una visione come noi la intendiamo fuori dell’acqua.
La visione dei colori, oltre che essere influenzata da particolari recettori posti nella retina, muta notevolmente con la profondità fino alla scomparsa, a secondo della temperatura, della salinità e delle particelle in sospensione. Tutte queste cause cambiano la propagazione della luce ed i primi colori a mutare sono quelli dello spettro dei rossi fino agli ultimi che appartengono allo spettro dei blu.
Gli occhi dei pesci  hanno due recettori coni e bastoncelli,  quest’ultimi sono i recettori dominanti nella visione notturna, non individuano i colori ma hanno una forte percezione della visione del movimento e del contrasto. Le cellule a cono sono i recettori dominanti nella visione diurna e dei colori. Noi umani vediamo i colori perché la nostra retina contiene tre differenti tipi di coni, rosso, verde e blu, chiamati cosi dal colore che più assorbono. Noi non vediamo raggi di luce più lunghi (lunghezza d’onda), come gli infrarossi come pure quelli più corti, gli ultravioletti. Tra i pesci che vedono i colori ci sono alcuni come le trote che hanno tre recettori a coni ed hanno una visione molto simile alla nostra (considerando per simile la nostra visione sott’acqua). Altri pesci invece hanno solo due coni (rosso e grigio) ma vedono gli ultravioletti. Altri ancora, come il marlin, hanno tre tipologie di coni, come noi, ma molto ristretti (non vedono le gradazioni ) e tutti e tre sensibili solo al blu ed al verde. Il marlin  non vede i rossi e gli ultravioletti, ma cosa strana quando è eccitato gli compaiono sul dorso delle fasce verticali che hanno sfumature ultraultraviolette, colore molto ben visto dalle sue prede preferite, gli sgombri.
La visione del movimento, che è data dai bastoncelli, per un predatore è la più importante. In altre parole un predatore deve vedere un oggetto in movimento per considerarlo una potenziale preda.
Gli uomini misurano la visione del movimento intorno ai 50/60 cicli al secondo. I pesci in generale hanno questa frequenza molto più bassa, eccetto i predatori che ce l’hanno molto vicina alla nostra. Inoltre la frequenza della visione del movimento è influenzata dalla temperatura corporea. Una grande parte di predatori, a differenza di molti altri pesci, riescono a mantenere la temperatura corporea più alta dell’acqua circostante. Questo è un bel vantaggio per i predatori in caccia, in quanto vedono molto meglio delle loro prede in acque più fredde. In particolare lo spada ha un organo, molto simile ad una membrana, che gli protegge occhi e cervello. Questo gli permette di avere una visione del movimento 12 volte migliore a 100 mt. e 7 volte migliore a 300 mt., rispetto alle sue prede, capite bene che ciò lo pone in notevole vantaggio  in caccia !!!
E’ bene formarsi le proprie convinzioni e teorie ma dobbiamo essere pronti e disponibili a cambiarle se necessario perché il mondo marino è un meraviglioso equilibrio in continua evoluzione ed espansione. Quante volte siamo usciti per mare certi di poter ripetere l’ultima fortunata e ben riuscita pescata e quante volte ciò si è avverato?
Questo dimostra che situazioni identiche a mare è difficilissimo trovarle. Situazioni simili è più probabile, ma di certo la regola sarà il cambiamento o meglio l’evoluzione.
Quando incontreremo qualcuno che vorrà farci credere di sapere tutto, ma proprio tutto, sulla pesca continuiamo dritti per la nostra strada perché questa sua convinzione, presuntuosa e sbagliata, non gli permetterà più di migliorare!!
In conclusione tutto questo per poter affermare che nella scelta dell’artificiale bisogna considerare che ci giochiamo tutto nella scelta della forma e della colorazione , l’effetto UV , la luminescenza e le vibrazioni saranno i nostri punti di forza .
In virtù di questo impegniamoci a non intestardirci sullo stesso jig e dopo tre/quattro tentativi  massimo sostituiamolo con un altro differente , almeno per livrea , di sicuro , prima o poi, la tenacia verrà premiata.
Con l’utilizzo del Glow che simula la bioluminescenza e con l’introduzione delle nuove colorazioni UV mi auguro  di aver fatto un ulteriore passo avanti nella costruzione di esche handmade particolarmente efficaci, sarete voi a darmene conferma 😉

 

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